Si fa presto a dire “compostabile”. Per evitare utilizzi impropri di un termine cruciale per il passaggio a un sistema produttivo a minor impatto ambientale, nel 2002 il Comitato europeo di normazione ha introdotto la norma EN 13432.
L’obiettivo è già piuttosto chiaro nel suo titolo: “Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione”.
La EN 13432 nasce anche per colmare alcune lacune della precedente direttiva 94/62/CE, che causavano possibili incomprensioni o usi impropri dei termini “compostabile” e “biodegradabile”.
In base alla norma, un materiale può definirsi “compostabile” se possiede le seguenti peculiarità:
- degradabilità pari ad almeno il 90% entro sei mesi in presenza di un ambiente ricco di anidride carbonica. Il valore deve essere verificato in base al metodo ISO 14855.
- se messa in contatto con materiali organici per tre mesi, la massa del materiale deve essere costituita almeno per il 90% da frammenti di dimensioni inferiori a 2 mm, da verificare secondo lo standard ISO 14045.
- il materiale non deve avere effetti negativi sul processo di compostaggio
- bassa concentrazione di metalli pesanti additivati al materiale
- i valori di pH, il contenuto salino, le concentrazioni di solidi volatili, azoto, fosforo, magnesio e potassio devono rimanere al di sotto dei limiti stabiliti
Come può sapere l’acquirente se il sacchetto acquistato è biodegradabile e compostabile?
- Controllare la dicitura di conformità alla norma UNI EN 13432:2002 cercando sul sacchetto la frase “Sacco biodegradabile e compostabile conforme alla norma UNI EN 13432:2002. Sacco utilizzabile per la raccolta dei rifiuti organici” che di solito viene riportata lateralmente o nella zona frontale.
- Cercare sul sacchetto i marchi che attestano la certificazione della biodegradabilità e della compostabilità